Il documento elettronico – Oltre le norme per condividere buone pratiche

Torino – 15 aprile 2010
Aula Magna Lingotto – Politecnico di Torino

Negli ultimi decenni, un insieme di tecnologie basate sulla interazione di informatica e telecomunicazioni ha prodotto cambiamenti radicali nei processi informativi, sia all’interno della pubblica amministrazione sia nelle aziende private. L’intensità delle trasformazioni intervenute nell’organizzazione amministrativa e nel funzionamento dei sistemi produttivi ed economici (a livello industriale, commerciale, dei servizi) ha investito in pieno la produzione, gestione e conservazione della documentazione.

Il modo di comunicare, di creare e di immagazzinare informazioni ha subìto un cambiamento radicale. L’esplosiva crescita di metodi «elettronici» per creare documenti, comunicare e gestire dati ha mutato il significato stesso di «documento». E se questo discorso è imprescindibile per la pubblica amministrazione si dimostra non meno rilevante nelle imprese private, dove ogni azione commerciale, strategia di marketing, transazione finanziaria produce ed è frutto della circolazione di documentazione che, nella maggioranza dei casi, trova la sua collocazione all’interno di un dispositivo informatico. L’imponente incremento dell’uso delle email, dello scambio di files, delle pagine web, dell’utilizzo di database relazionali e di tutti i tipi di word processing files pone problemi nuovi. Basti pensarealle migliaia di email ricevute e inviate giornalmenteper esigenze di operatività aziendale o genericamente professionale.

Oggi si stima che il 93% delle informazionisia creato in formato digitale, il 70% degliarchivi societari sia in formato elettronico e, infine, che il 30% delle informazioni elettroniche non venga mai stampato in formato cartaceo.

Gestire questa massa di informazioni senza adeguata consapevolezza, può comportare problemi non trascurabili. La conservazione in ambiente digitale deve fare i conti con un’esperienza e una analisi concettuale ancora insufficienti, con la mancanza di riferimenti a standard internazionali consolidati, con la frammentarietà e difformità delle norme nazionali e delle procedure adottate sia dalle amministrazioni, sia dalle più grandi realtà imprenditoriali.

L’archivista è sempre più spesso chiamato a reinterpretare il proprio ruolo di studioso e di conservatore delle fonti documentarie per interagire con il momento della produzione della documentazione, intervenendo nei processi di formazione dell’archivio. In questa veste di amministratore dei documenti attivi, l’archivista deve avere la capacità di comprendere le esigenze operative di chi produce la documentazione e al tempo stesso essere in grado di dialogare in modo consapevole sia con esperti di organizzazione aziendale sia con informatici e tecnologi.